Quell’odio dei Siciliani verso i Borbone
Oggi il revisionismo di stampo neoborbonico e affine finge di ignorare, nel momento in cui tratta di un’occupazione perpetrata da Garibaldi nei riguardi del Regno delle Due Sicilie, che i Siciliani nutrivano un profondo odio nei confronti della dinastia borbonica. D’altronde la prima delle tante rivoluzioni europee del 1848 avvenne proprio in Sicilia il 12 gennaio 1848. La Rivoluzione Siciliana contro la tirannia borbonica fu la prima rivolta dei moti rivoluzionari in tutta Europa di tale anno e gli ideali del popolo siciliano erano gli stessi di tanti anni precedenti: affrancarsi dal Regno Borbonico, ottenere l’indipendenza nell’ambito di un’unificazione nazionale, già interiorizzata tanti anni prima dell’Unità. La Sicilia ambiva all’autonomia ed era portatrice di un forte sentimento indipendentista prima del 1848; i siciliani odiavano quel Regno delle Due Sicilie, governato da tiranni quali i Borbone. Dopo un terribile inverno segnato da povertà, il 12 gennaio il popolo palermitano eresse le barricate e si rivoltò, sventolando per le strade dell’isola il tricolore italiano e inneggiando all’Italia, alla costituzione. Dalla tetra fortezza di Castellammare le forze borboniche bombardarono la città con gli artiglieri che scagliarono piogge di proiettili contro la folla degli insorti. I tiranni borbonici decisero di ritirarsi solo dopo aver lasciato sul terreno in solo quel giorno trentasei vittime. Il loro sacrificio non fu vano, poiché nel giro di pochi giorni i contadini delle campagne si unirono ai rivoltosi, assaltando i municipi e dando alle fiamme i registri delle imposte e del catasto. L'esercito borbonico, capitanato dal generale De Majo, cercò di opporre una qualche resistenza ma, dopo che Palermo fu luogo di aspri combattimenti, l'esercito borbonico si ritirò e si insediò un comitato generale che si assunse le funzioni di governo, chiedendo la convocazione di un Parlamento siciliano. Il 2 marzo, dopo 30 anni, venne proclamato nuovamente il Parlamento di Sicilia, presieduto da Vincenzo Fardella di Torrearsa, fra l'ottimismo e la gioia dei politici e del popolo, e la Sicilia riesce ad essere nuovamente retta da un governo costituzionale con la proclamazione del nuovo Regno di Sicilia. Tra i ministri, furono nominati Francesco Crispi, Francesco Paolo Perez, Mariano Stabile, Michele Amari e Salvatore Vigo La bandiera del Regno della Sicilia fu il tricolore: verde, bianco e rosso. In quel frangente Ferdinando II, consapevole ormai che le sue truppe non erano ben disposte a combattere, liberò dal carcere Carlo Poerio, e ciò ebbe un significato notevole, dato che diede coraggio a tutti i liberali napoletani che organizzarono una manifestazione di venticinquemila persone sulla grande piazza di fronte al Palazzo Reale. Ferdinando II fu costretto a concedere la Costituzione del Regno delle due Sicilie il 29 gennaio dello stesso anno, redatta dal liberale moderato Francesco Paolo Bozzelli e promulgata il successivo 11 febbraio.
Anche dopo la sconfitta della rivoluzione del 1848, i siciliani , come prima e più di prima , continuarono negli anni successivi e precedenti alla spedizione dei Mille a battersi per l’indipendenza , per la costituzione. Anche tale tentativo, pur velleitario ma ricco di generosità e idealità, si concluse drammaticamente con una sconfitta che costò ai due patrioti la condanna alla pena capitale dopo un sommario processo nel marzo dello 1857. Anche quella rivolta si concluse con il sacrificio di ben tredici vittime il cui martirio acuì l’odio che i siciliani nutrivano verso i Borbone, considerati, anche dalle classi popolari, come stranieri e oppressori.
Come evidenzia bene lo stesso Scirocco: “ in sintesi (Garibaldi) non era disponibile a un tentativo avventuroso, rivolto a suscitare un’insurrezione non ancora iniziata, come erano stati quelli dei Fratelli Bandiera e di Pisacane”. Tale questione non è di poco conto: la sconfitta dei Fratelli Bandiera e soprattutto quella più recente di Pisacane avevano incrinato le certezze dei mazziniani. «ogni mia ricompensa io la troverò nel fondo della mia coscienza e nell'animo di questi cari e generosi amici... che se il nostro sacrificio non apporta alcun bene all'Italia, sarà almeno una gloria per essa aver prodotto figli che vollero immolarsi al suo avvenire». Le parole di Pisacane erano nobili, ma tante sconfitte avevano lasciato il segno. E anche a tal riguardo, si finge di dimenticare che proprio Giuseppe Garibaldi, liberata la Sicilia, consigliato dal suo segretario di Stato, Francesco Crispi, ordinasse il ripristino, in blocco, dei decreti, delle leggi e dei regolamenti esistenti il 15 maggio 1849″, cioè quel sistema normativo che i Siciliani si erano dati a seguito della gloriosa rivoluzione del 1848 e che i vincitori borbonici si erano affrettati ad abrogare. |
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