Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Maria Giuseppina Guacci (1807-1848)

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È doveroso e necessario aprire, e costantemente mantenere, un nuovo, fondamentale capitolo di memoria alta e nobile, alimento di vera umanizzazione, di vera crescita personale e civile, anche come riparo contro la pressione gigantesca delle potenze attualmente dominatrici della memoria e dell'immaginario collettivi, dal clericalismo alla televisione dominata dalle telenovele, allo sport patologico, ad es., con modelli maschili e femminili insulsi e disumani, adatti, secondo la lucida strategia dei potenti, a replicare costantemente la massa, la plebe, mai un popolo di cittadini e di cittadine veramente colti, dignitosi, responsabili.

Il capitolo di memoria alta e nobile che si intende riprendere e proporre è quello della costellazione storica, dalle origini ad oggi, di personalità femminili di Napoli e del Mezzogiorno, che seppero e sanno sollevarsi dalla massa secolare delle povere donne condannate all'ignoranza, alla superstizione, al dominio maschilista, all'oppressione violenta del tradizionalismo delle morali e dei poteri.

Si tratta di minoranze esigue, ma coraggiose e straordinarie, completamente rimosse per vari motivi dalla memoria collettiva, che ha avuto e continua ad avere altri modelli millenari di donne passive, subalterne, che vivono attaccate alle gonne delle madri o ai pantaloni dei mariti, nel chiuso della vita familiare, ridotta nei millenni a sostanziale carcere, con un rapporto esile e tremebondo con l'esterno, visto sempre come estraneo o minaccioso.

 

Maria Giuseppina Guacci è una delle nobili figure femminili napoletane da riprendere e da proporre.

Nacque a Napoli nel 1807 da una semplice famiglia dei Quartieri Spagnoli, col padre che faceva il tipografo.

Il suo destino, negli intenti collettivi dominanti, era quello di essere una buona massaia, in attesa di trovare marito.

In più doveva aiutare il padre e Maria Giuseppina ricorda le giornate interminabili e meccaniche di quel lavoro.

Il suo mondo, come quello di migliaia, di decine di migliaia, di centinaia di migliaia, di milioni di donne di Napoli, del Mezzogiorno, ma anche d'Italia e del mondo, era quello chiuso e soffocato dello spazio familiare.

Dice Maria Giuseppina "Io conoscevo appena l'aria purissima che abbraccia il mio paese, non le nostre amene campagne, non il museo, non i monumenti, non i teatri, non le vie".

Fu un miracolo che, come confessa, non uscì 'stupida' da tutto questo. Avendo perso il padre e la sorella, la vita si rese più difficile.

Ma aveva dentro di sè il fuoco del suo valore e del suo ingegno e da autodidatta si applicò, coi limiti inevitabili, agli studi, specialmente classici.

Scriveva di notte i suoi versi e racconta "rubando i momenti alle mie donnesche occupazioni, principalmente scriveva di notte tempo, e mi ricordo che non mi metteva a letto, dove io non avessi fatto qualche verso".

Un evento importante fu la possibilità di partecipare nel 1830 alla scuola di Basilio Puoti a Palazzo Bagnara, scuola memorabile di formazione letteraria e civile, che ebbe un ruolo fondamentale nella storia intellettuale, civile e anche politica, di Napoli nei primi decenni dell'Ottocento, frequentata tra gli altri da Francesco De Sanctis, Mariano d'Ayala, Paolo Emilio Imbriani.

Conobbe tra l'altro, seppur non in modo approfondito, Leopardi, allora a Napoli ospite di Antonio Ranieri, col quale intorno al 1833 ebbe anche una relazione amorosa.

Si sposò nel 1835 con Antonio Nobile, astronomo presso l'Osservatorio di Capodimonte, originario di Campobasso, ed andò ad abitare lassù in una abitazione offerta dall'istituzione scientifica.

Ebbe due figli, Arminio ed Emilia.

Capodimonte era allora fuori mano e scomoda per mantenere i rapporti con la città, ma ella, con tenacia, li proseguì, anche appoggiandosi a volte alla casa materna ai Quartieri Spagnoli.

Oltre che con la scuola del Puoti, Maria Giuseppina ebbe rapporti con le riviste letterarie del tempo e coi salotti, introdotta da Puoti, in particolare con quello di Troya (dove conobbe il futuro marito) e sopratutto con quello di Giuseppe Ricciardi, che dirigeva anche il periodico ' Il Progresso', sul quale scrisse Maria Giuseppina ed ella divenne amica intima della sorella di Giuseppe, Irene, con la quale ebbe una preziosa corrispondenza.

Alla famiglia Ricciardi, una delle più liberali di Napoli, Maria Giuseppina fu legatissima e Giuseppe stampò il principale suo libro poetico "Rime" (considerato grande da Settembrini, meno da De Sanctis e Carducci).

Fu la prima donna ad essere ammessa all'Accademia Pontaniana.

Divenuta fervente liberale, una grande amicizia ebbe con Alessandro Poerio, anch'egli poeta e patriota, così come aveva relazioni con Ruggero Bonghi, Francesco Paolo Ruggiero. Ricevette riconoscimenti da diverse accademie letterarie, partecipò all'VII Congresso degli Scienziati Italiani che si tenne proprio a Napoli nel 1847.

Era laica (propose durante il colera del 1836-37 di espropriare i conventi per accogliere i bisognosi), forse nemmeno credente, con un interesse solo scientifico-antropologico verso la religiosità popolare e il folklore.

La sua casa di Capodimonte fu luogo di incontri politici non ignoto alla polizia borbonica, tanto che il marito dopo il 1848 fu allontanato dall'insegnamento universitario proprio per la precedente attività politica della moglie.

Accanto agli impegni letterari e politici, occorre ricordare quelli pedagogici, sociali, civili. Per i figli scrisse due libri di argomento didattico 'Alfabeto''  e 'Le seconde letture per ragazzi' (con traduzioni in prosa divulgativa di poesie e testi di autori celebri).

Il metodo didattico indicato, nella scia dei grandi pedagogisti europei  come Froebel e Pestalozzi, era quello di abbinare l'immagine e l'esperienza personale ad un insegnamento solo verbale, astratto, passivo. Si battè per l'alfabetizzazione e per l'emancipazione intellettuali sopratutto delle donne, pensando ad una " Scuola delle Madri", come strumento fondamentale di rinnovamento e di progresso.

Fu segretaria della Società per gli Asili Infantili, di cui era presidente Isabella Coppola di Canzano, altra memorabile figura femminile napoletana, come la citata Irene Ricciardi.

L'attività era rivolta ai fanciulli poveri dai tre ai sette anni di famiglie con qualche minimo di mestiere o di arte, garantendo i rudimenti del leggere e dello scrivere, l'educazione morale, oltre che vitto, vaccinazioni e controlli medici. In prospettiva si pensava a scuole di mestiere, oltre la fase infantile. Furono aperti asili al quartiere Porto, a Chiaia, nei pressi di Piazza S. Ferdinando.

Maria Giuseppina scrisse un'ampia relazione per il Consiglio Provinciale di Napoli, citando anche l'esperienza socialista di Owen a New Lamark, a segnalare la sua curiosità intellettuale, e nel 1843 il Consiglio deliberò un aiuto pubblico.

Modernissimo e attualissimo fu il suo appello alle donne, affinchè non rimanessero passive ed estranee ai moti del 1848, così come erano state estranee a quelli precedenti, con un articolo apparso su 'Il Nazionale" dal titolo 'Dell'ufficio che si conviene alle donne nel 1848'.

Esse non devono essere chiuse nel quieto vivere, chiuse" in tutte quelle superficialità che tanto accarezzano l'orgogliuzzo donnesco", devono spronare, più che frenare, i loro uomini che si impegnano nella lotta politica, devono educare i figli ad essere buoni e responsabili cittadini, senza paura dei pericoli e della morte.

Agli inizi del 1848 raccolse fondi per i volontari napoletani per partivano per i campi della Lombardia contro gli Austriaci nella I guerra di indipendenza. Dopo il 15 maggio, che segnò la fine di tutte le speranze di rinnovamento radicale di un Mezzogiorno liberale, costituzionale, aperto all'Italia, all'Europa, alla modernità, il 25 novembre 1848, Maria Giuseppina Guacci morì, quasi a segnare, a segnalare la tragedia storica avvenuta.

Scrisse Giuseppe Massari, collegandola anche con la contemporanea morte il 3 novembre 1848 a Venezia di Alessandro Poerio, "il dolore del patrio scempio uccideva Maria Giuseppa Guacci, nè essa temeva la morte, poichè le donne napoletane sanno morire come Eleonora Fonseca Pimentel".

Fonte: Lucia Valenzi, Maria Giuseppina Guacci Nobile tra letteratura e politica, in Archivio Storico per le Province Napoletane", n. CXVII, Napoli, 1999, pp. 537-548 e voce a cura di Silvana Musella e Francesco Augurio nel 'Dizionario Biografico degli Italiani', Roma, 2003.

 

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