Evita Perón, l'ambiziosa regina dei descamisados

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Maria Eva Duarte de Perón - Los Toldos, 7 maggio 1919 – Buenos Aires, 26 luglio 1952

Agosto 1951. Juan Perón ed Maria Eva Duarte stanno sul palco d' onore davanti ad un'entusiasta manifestazione popolare organizzata dalla CGT (Confederazione generale del lavoro).

In primo piano c’è lei, la donna, a cui la folla ha chiesto a gran voce di assumere la vicepresidenza.

Una marea umana esige una risposta immediata e affermativa, ma lei è incerta, suo marito è in disaccordo; lo sente alle sue spalle nervoso ed enigmatico. La gente l'acclama: sono i disoccupati delle sterminate periferie di Buenos Aires che i suoi avversari chiamano con disprezzo “negros”, «descamisados».

Da quando Evita (così chiamata dal suo amato popolo) si è insediata al Ministero del Lavoro, tutte le domeniche questi “negros”, coi loro abiti laceri e le risate sguaiate, si sono impadroniti del centro cittadino, del Parque Japonés, di Plaza Italia e Plaza San Martín, luoghi che fino a qualche anno prima erano frequentati solo dalla borghesia.

Hanno imparato a non abbassare gli occhi, i “negros” e a godersi il riposo festivo.

La gente che si definisce “rispettabile” tira un sospiro di sollievo solo quando, la domenica notte, quegli ospiti indesiderati se ne tornano nelle loro squallide periferie, lasciando carte sul marciapiede, aiuole di fiori pestati, e nell’aria quel nauseante odore di brillantina da due soldi.

I “rispettabili” lamentano sempre più  l’invasione di qui barbari tanto cari a Evita, ma lei li sostiene.

Sa cosa dicono i conservatori:  i “negros” non stanno più al loro posto perché la signora li ha conquistati con regali di poco prezzo.

Ha investito anima e corpo per sovvertire l'ordine delle grandi famiglie di un tempo. Ma a lei poco importa del vecchio ordine. L' importante è che le “cabezitas negras” la adorino: per questo ogni mattina, in uno sforzo di attivismo frenetico, ascolta per ore i postulanti più miserabili, ne esaudisce i desideri.

Nelle scuole rurali i libri di lettura ripetono la frase: “Evita mi ama”, e i manifesti che campeggiano sui muri della città riportano sempre lo slogan: “Perón cumple, Evita dignifica”. La folla la inneggia.

La Cenerentola dei bassifondi era partita da una squallida pensioncina con una valigia di cartone, approdando, per un miracolo da radionovela, al fianco del Presidente.

Come i suoi “negros”, Evita aveva conosciuto l' umiliazione, la fatica, le milongas volgari del parco dei divertimenti.

E proprio al Luna Park che Evita Duarte aveva conosciuto il colonnello Juan Domingo Perón, l’uomo che nel 1946 sarebbe divenuto Presidente dell’Argentina. L’incontro tra i due avvenne nel 1944, durante un festival di beneficenza per le vittime del disastroso terremoto di San Juan.

Lui a quel tempo era un militare in ascesa, responsabile della Segreteria del Lavoro, lei un' oscura attricetta con poca cultura. Le sue sgrammaticature e gli errori d' ortografia facevano fremere gli intellettuali; la sua insolente aria di sfida con cui dava del “tu” ad ammiragli e ambasciatori lasciava sconcertati i conservatori.

Sapeva bene che tutti le erano contro. Tutti,  tranne i suoi “negros”.

Quando la gerarchia militare nell'ottobre del 1945 arrestò Peron, allo scopo di allontanarlo dallo scenario politico, bastò un appello alla mobilitazione della CGT e quella gente rispose.

Fu inutile per la polizia bloccare gli accessi alla città chiudendo il ponte di Avellaneda: i negros non si arresero, traversarono il Riachuelo con barche o zattere improvvisate, altri a nuoto.

Emersero dall' acqua fetida del fiumiciattolo della Boca, fradici e unti di petrolio; si levarono le camicie bagnate e sporche e proseguirono. Via via che si avvicinavano al centro, se incrociavano un borghese benvestito, lo motteggiavano: “Togliti la cravatta e unisciti a noi, oligarca. Questo è el pueblo!”.

A Plaza de Mayo la folla tuonò chiedendo che Perón venisse immediatamente reintegrato nei suoi incarichi; cosa che avvenne nel giro di poche ore.

Chi, se non i descamisados, aveva riportato Perón alla Casa Rosada?... Quattro giorni dopo quella notte di gloria, lui l'aveva sposata.

Ma nel 1951 le cose erano cambiate. La folla preme perché Evita accetti la vicepresidenza al fianco di Juan Peron. Sei anni aveva speso per arrivare a essere la regina, la santa dei descamisados.

Sei anni di duro lavoro per arrivare ad ottenere questa carica, trascurando perfino la salute; per sei anni aveva lottato contro ipocrisie e privilegi.

Una delle battaglie combattute e vinte era stata il riconoscimento dell’uguaglianza de diritti politici e civili tra gli uomini e le donne, con la legge 13.010 presentata il 23 settembre del 1947. Il suo impegno per la dignità della donna era stato costante e l’aveva condotta il 26 luglio del 1949 alla fondazione del Partito Peronista Femminile (PPF).

Ma nel 1951 la sua vita stava già per volgere al termine.

Il popolo la voleva vicepresidente, ma lei sapeva di essere ammalata di cancro. Prese un po' di tempo.

Nove giorni dopo,  mandò un messaggio radiofonico al popolo argentino, annunciando la sua intenzione di rinunciare.

“Ho solo un’ambizione personale” disse “Che il giorno in cui si scriverà il capitolo meraviglioso della storia di Perón, di me si dica questo: c’era, al fianco di Perón, una donna che si era dedicata a trasmettergli le speranze del popolo. Di questa donna si sa soltanto che il popolo la chiamava con amore: Evita”.

Era nata il 7 maggio 1919 nel villaggio di Los Toldos (Buenos Aires). La madre, Juana Ibarguren, faceva la cuoca nella casa di Juan Duarte, suo amante e padre dei suoi cinque figli. Evita non aveva avuto un’infanzia facile.

Quando suo padre morì, a lei, figlia illegittima, non fu permesso partecipare ai funerali. Poverissima, sognava soldi e successo. Voleva fare l' attrice. Aveva 15 anni quando Augustín Magaldi, famoso interprete di tango, venne a cantare nel suo paesino. Lei si infilò nel suo camerino e lo convinse a portarla con sé a Buenos Aires.

Lì tentò la carriera di attrice, ma non ebbe molta fortuna. Cercò allora amanti illustri fino all’incontro con Juan Peró, 24 anni più di lei.

Il 24 febbraio 1946 Juan Domingo Perón venne eletto Presidente della Repubblica argentina con il 52% dei consensi; nel 1947 fondò il Partito unico della rivoluzione che venne chiamato Partito Peronista.

Evita, al suo fianco bionda e ingioiellata, divenne la «regina dei descamisados», la fata buona dei poveracci.

Morì a 33 anni, consumata da un tumore e l' intera nazione si fermò a renderle omaggio. Perón la fece imbalsamare. I suoi avversari politici rubarono il corpo che era divenuto oggetto di culto, nascondendolo in un cimitero milanese.

Nel '74 la salma fu ritrovata e riportata in Argentina.

Quando, al momento della riesumazione, il corpo fu trovato intatto ci fu chi, dimentico dell' imbalsamazione, gridò al miracolo di Santa Evita.

 

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