La mano della ‘ndrangheta dietro l’attentato di Roma

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Pubblicato Sabato, 04 Maggio 2013 12:39
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“Sono disperato, cercavo il gesto eclatante, puntavo ai politici”.

Queste le parole pronunciate dal disoccupato calabrese Luigi Preiti, 49 anni.

Il protagonista della sparatoria in piazza Colonna. A Roma, tra Palazzo Chigi e Montecitorio.

Nel giorno del giuramento del Governo Letta, targato Pd-Pdl. Due carabinieri colpiti dai proiettili. Era arrivato a Roma con il treno, dalla Calabria.

L’uomo che voleva ‘uccidere i politici’ è di Rosarno, residente da molti anni ad Alessandria in Piemonte.

Non è un pazzo, ha agito con premeditazione. È accusato di tentato omicidio, porto e detenzione di arma clandestina e ricettazione.

‘Un’iniziativa isolata’ per il procuratore aggiunto della Procura di Roma Pierfilippo Laviani e per il sostituto Antonella Nespola.

Per il ministro degli Interni, Angiolino Alfano: “Non risultano contatti di Preiti con ambienti eversivi. Un gesto isolato, un gesto sconsiderato.

Non si possono leggere i prodromi di focolai di piazza o di tensioni eversive in grado di compromettere la tenuta dell’ordine pubblico e della sicurezza che resta comunque salda”.

Non sembra esserci alcun legame con la ‘ndrangheta. Per Biagio Simonetta (il Sole24Ore): “In un quadro decisamente fosco e tutto da delineare, c’è una certezza assoluta sulla vita di Luigi Preiti: il 49enne che ieri ha sparato davanti a Palazzo Chigi ferendo due carabinieri non ha nulla a che fare con la ‘ndrangheta.

E non è un dettaglio insignificante, se vieni da un posto come Rosarno e impugni una pistola. Nessuna denuncia, nessun legame con le famiglie che da sempre egemonizzano il territorio”.

Per Enrico Fierro e Lucio Musolino (Il Fatto Quotidiano):“…quel cognome, Preiti, rimanda a Domenico e Roberto considerati vicini alla cosca Pesce. Sono suoi lontani parenti. Pochi rapporti con loro”.

Un’interpretazione diversa arriva dal pentito di ‘ndrangheta Luigi Bonaventura, l’ex reggente del clan crotonese Vrenna-Bonaventura. Ascoltato da diverse Procure italiane, in diversi processi.

Commenta il gesto di Preiti su facebook: “…dietro l’attentato a Roma ai Carabinieri (vero intento colpire i politici) c’è chiaramente la mano della ‘ndrangheta! È un messaggio forte e chiaro… ci scommetterei ogni cosa e non la perderei!!!”.

Bonaventura parla di “messaggio, di azione forte”. La sua versione fa rabbrividire: “la ‘ndrangheta, le mafie erano presenti al giuramento e, com’è loro abitudine, lo hanno fatto con il sangue.

Questa è un’azione pianificata. Sarebbe interessante capire chi morirà o sparirà in Calabria nei prossimi giorni”. Per Bonaventura: “è un gesto troppo simbolico  per non essere un messaggio.

Nessun calabrese di buon senso, e lui non è affatto uno squilibrato, partirebbe dalla Calabria, soprattutto da zone come Rosarno, senza il permesso della ‘ndrangheta, per fare un gesto di così grande portata.

Porterebbe troppe e non meglio quantificabili ripercussioni, senza nessun grosso interesse.

Ad uno ad uno gli sterminerebbero la famiglia, ogni calabrese lo sa”.

Il collaboratore di giustizia si sofferma anche sulla pistola utilizzata: “una 7.65, Pietro Beretta, modello 35, con canna sostituibile. In passato in dotazione alle forze armate italiane in calibro 9 corto, usata anche durante la seconda guerra mondiale.

È uno dei modelli preferiti dalla ‘ndrangheta, facilmente reperibile e non inceppa mai. È come una firma.

La ‘ndrangheta usa spesso queste persone che vivono, lavorano fuori e sono incensurate e insospettabili, ‘i cosiddetti colpi riservati’. Per un lungo periodo lo sono stato anch’io, fino a poi essere richiamato nel 1990 dalla Toscana per la strage di Piazza Pitagora (Crotone, novembre 1990, ndr)”.

Per Bonaventura l’attentato è stato organizzato e pianificato dalla ‘ndrangheta. “Secondo me fa tutto parte di quella famosa strategia del terrore, ne ho parlato anche ai magistrati.

Dovremo abituarci a nuove e raffinate strategie, che non sempre saranno facilmente comprensibili. Trovo, in qualche modo, molte similitudini con l’attentatore di Brindisi e un filo rosso con la morte del Carabiniere Giovanni Sali a Lodi”.