Le svolte spirituali di S. Benedetto a Subiaco

Categoria principale: Libere riflessioni
Categoria: Libere riflessioni
Pubblicato Giovedì, 25 Aprile 2013 21:46
Scritto da Remo de Ciocchis
Visite: 10808

S.BenedettoBenedetto da Norcia di nobili origini, dopo aver abbandonato gli studi e la corrotta Roma, decise – come ci tramanda S. Gregorio Magno nei suoi Dialoghi –“di piacere solo a Dio”.

Per questo suo desiderio di perfezione si incamminò nell’interno del Lazio, verso i monti dell’area sublancense, della cui bellezza  e isolamento aveva probabilmente sentito parlare. Giunto ad Affile con la sua nutrice Cirilla venne qui, “trattenuto dalla carità di molte persone benestanti e generose”.

Ma in questo luogo, ove avvenne il suo primo miracolo, non restò a lungo, perché non rispondeva pienamente ai suoi desideri di solitudine e di bellezza.  Il disgusto che provava per il frastuono violento del mondo e per la sua caduca gloria, unitamente al suo  desiderio di solitudine e di contemplazione lo spinsero ad un ulteriore ricerca del sito ove fermarsi.

Essendosi reso conto della bellezza e della pace della vicina valle dell’Aniene, abbandonò Affile e la sua nutrice per consacrarsi completamente all’eremitaggio,  che gli appariva  in quel momento come la strada principe che lo potesse umilmente congiungere  a Dio.

La visione della silvestre valle dell’Aniene, abbellita da laghi, lo indusse senza più indugi a scegliere quel luogo, come dimora ove poter realizzare la sua vita religiosa. Fu quindi  di fronte a questa valle, chiamata in quei tempi ‘neroniana’,  che si ebbe la prima svolta spirituale di Benedetto, cioè quella inerente ai tre anni della sua vita eremitica.

Per realizzare il suo progetto di “servire Dio in solitudine”, provvidenziale fu l’incontro col monaco Romano,  che viveva in un vicino convento guidato da Padre Adeodato.  Solidarizzando con i suoi progetti, Romano lo rivestì di un saio e lo accompagnò nello speco del monte Talèo.

La vita in questo luogo fu per lui tutt’altro che facile. Le difficoltà per accedere nella spelonca, il cibo e l’acqua da procurarsi, la necessità del fuoco, il giaciglio per dormire, il luogo per pregare resero la sua esistenza estremamente penitente. Importante fu sempre all’inizio l’aiuto di Romano nel procurargli del  cibo, che sottraeva al suo mangiare e che con una lunga fune dal suo monastero, sovrastante la grotta, con difficoltà gli calava dall’alto della roccia.

SubiacoIsolato com’era in quel “nido di rondini” – come poi Pio II Piccolomini definì lo speco – Benedetto poteva però estasiarsi della visione della suggestiva valle, dalle erte e selvagge sponde, e dei laghi sottostanti. Questa bellezza era di conforto al suo spirito e sempre più lo convinceva di quanto era grande la creazione di Dio.

Il suo profondo isolamento fu una volta rotto dal soccorso che gli  venne da un sacerdote, che si disse inviato da Dio, e dalla presenza di pastori che quando lo videro la prima volta “tra la boscaglia rivestito di pelli, credettero – come ci racconta sempre S. Gregorio – che si trattasse di una bestia”.

Benedetto  pensò di accogliere questi ultimi per ammaestrarli nel luogo poi chiamato “Grotta dei pastori”.  In quella radicale e sofferta solitudine, fatta anche di volute privazioni,  fu anche preso dal ricordo di qualche donna incontrata a Roma, ma egli superò le tentazioni sessuali gettandosi tra le spine e le ortiche di un ampio cespuglio sito ai piedi dello speco.

La sua fama di santità cominciò a diffondersi in tutta la zona, per cui vi furono persone che accorrevano per vederlo e che si arrampicavano sino alla grotta non solo per curiosità, ma anche per ricevere da lui consigli religiosi e morali.

Le penitenze della vita eremitica cominciarono a fare riflettere Benedetto se non fosse più giusto vivere insieme con alcuni fidati compagni più che restare da solo.

Nella sua mente andava un po’ alla volta maturandosi la seconda svolta spirituale, cioè quella di abbandonare l’eremitaggio per una vita cenobitica, cioè insieme con altre persone pervase dal suo stesso ideale religioso. Non era possibile stare sempre in solitudine: era giusto vivere con confratelli, che, oltre a dedicarsi al servizio di Dio, potessero essere di aiuto reciproco non solo nei bisogni concreti della giornata, ma anche quando ci si ammalava ed era necessario il soccorso degli altri.

Ma in questa sua seconda svolta spirituale avvertiva sempre più chiaro un desiderio di salvezza non solo personale ma anche di quanti si sarebbero uniti alla sua esperienza. L’ anima di Benedetto cominciò, con le dovute cautele, a riaprirsi verso il mondo, la cui violenza l’aveva inizialmente chiusa.

Dopo il fallito tentativo di fare l’abate nel monastero di Vicovaro, sito tra Subiaco e Tivoli, egli ritornò nella pace eremitica del suo speco. Ma poi, sull’esempio di Pacomio, progettò di creare chiostri  formati di  monaci con quei discepoli che si recavano da lui,  per dar vita al suo ideale cristiano della fraternità umana. A tal fine era necessaria una regola che avrebbe dovuto stabilire con precise norme il modo più giusto per vivere insieme.

Per attuare quanto programmato, lasciato lo speco si sistemò in un padiglione che ancora esisteva della villa di Nerone e che, sito su una sostruzione,  fiancheggiava uno dei  laghi.  La costruzione era nei pressi del  pons marmoreus, che congiungeva le due sponde dell’Aniene. Trasformò il ninfeo in chiesa e gli altri ambienti in stanze per poterci vivere. Se la visione paesaggistica dallo speco era suggestiva, quella dal padiglione della villa neroniana lo era altrettanto. In questo contesto altamente estetico Benedetto si sarà sentito non un principe romano, come Nerone, ma un’anima anelante alla dignitosa e suprema bellezza di Dio. Costituì così il primo cenobio che egli intestò a S. Clemente, che ebbe lunga vita e venne infine distrutto da un terremoto nel 1227.

Tanto era ormai l’afflMonastero di Subiacousso delle persone che venivano nella valle dell’Aniene, desiderose di seguire il suo esempio, che egli un po’ alla volta riuscì a fondare, nel territorio di questa valle o a non molta distanza da essa, oltre alla casa-madre di S. Clemente altri 12 monasteri.

E’ bene ricordare, tra i protagonisti di questa epopea monastica, i due più importanti discepoli di Benedetto, anch’essi santificati: Mauro e Placido.

Tutti e due famosi per la loro totale ubbidienza al loro abate e per l’episodio miracoloso accaduto in uno dei laghi neroniani, quando Mauro, dietro ordine di Benedetto, accorse, correndo miracolosamente sull’acqua, ad aiutare il più giovane Placido, che stava per annegare.

La bellezza della valle del’Aniene e la convinzione che sarebbe stato difficile trovare un altro  luogo più consono al suo ideale aveva trattenuto per venticinque anni  Benedetto a Subiaco.

Ma in lui stava sempre più maturando la terza svolta spirituale, cioè quella di lasciare la valle dell’Aniene per poi stabilirsi a Montecassino, da dove il suo messaggio cenobitico fu portato a tutto il mondo. S. Gregorio Magno ha scritto che Benedetto si allontanò da Subiaco per l’invidiosa avversione che contro di lui nutriva il sacerdote Fiorenzo.

Questo fu certamente un importante motivo. Non era facile vivere in un luogo dove esisteva una persona così ostinata contro di lui da attentare alla sua stessa viva e all’integrità morale dei suoi discepoli.

Il suo allontanamento avrebbe certamente smorzata la gelosia di Fiorenzo e riportato la pace nei monasteri che aveva fondato.  S. Gregorio ha però anche scritto che Benedetto, che aveva appena lasciato Subiaco, non tornò indietro, alla notizia della morte di Fiorenzo, per cui si può dedurre che l’avversione di quest’ultimo era stata soltanto l’occasione che aveva determinato il trasferimento.

Il motivo  più profondo  era da ricercare nel fatto che l’amore per lo sviluppo del suo ordine lo induceva ad andare in altri luoghi.  Egli avrebbe sempre portato nel cuore l’incanto della valle dell’Aniene e il ricordo della storia religiosa che in essa aveva costruito, ma avvertiva la necessità di aprirsi ad altre  esperienze di bellezza e di fraternità. La sua anima era diventata più dinamica e concrGrotta di S.Benedettoeta pur di promuovere l’evangelizzazione del mondo.

In verità da Montecassino iniziò una nuova era. La regola benedettina educò un’ infinità di persone indirizzandole verso il porto della santità. L’ordine benedettino diventerà il più importante ordine monastico di tutta la storia della Chiesa.

Da esso zampillerà un numero considerevole di altri ordini, come i Cluniancensi e i Cistercensi, per nominare i più famosi. Di fronte al fascino di questa storia  ci sono stati persino numerosi papi che hanno scelto di chiamarsi Benedetto.

E tutto ciò ha preso origine, anche se spesso viene dimenticato,  in quella valle dell’Aniene presso Subiaco, dove di fronte alla sua bellezza paesaggistica ci furono le fondamentali svolte spirituali di Benedetto, che lo fecero crescere dandogli quella mistica e pratica formazione religiosa, che permise alla sua opera di incidere, come pochi uomini avevano mai fatto, sulla storia dell’Europa e del mondo.