Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Nuovo mondo: il salto evolutivo della vecchia chiesa

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Poche parole, di una semplicità sconvolgente. Così si è presentato al mondo il cardinale di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio, 76 anni, il primo Papa sudamericano, il primo non europeo e il primo gesuita.

Una scelta che sorprende e che rivoluziona ogni schema prefigurato in questi giorni di Conclave, chiudendo la porta al ritorno, dopo Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, di un Papa italiano.

È la conferma di quel «salto evolutivo e rivoluzionario» impresso dalla rinuncia di Joseph Ratzinger, che segna un vero e proprio abbandono di una concezione eurocentrica della Chiesa e si mette alle spalle anni di intrighi e giochi di potere all’interno della Curia romana.

Scrivevamo tre giorni fa che questo Conclave del 2013 sarebbe diventato uno snodo cruciale nell’autoconsapevolezza di una cattolicità divenuta sempre più concretamente multiforme.

Con cinque scrutini i grandi elettori hanno elaborato una candidatura capace di far prendere il largo alla Chiesa cattolica, portando il Papa fuori dai Sacri Palazzi, liberandolo dal giogo curiale per indurlo a ritrovare la sua dimensione di vescovo e pastore. Lasciare l’Europa, rivolgersi alle Americhe, è una scelta geopolitica di grande portata, una rivoluzione negli equilibri finora consolidati del Papato nelle sue forme storiche.

Questo distacco dall’Europa della sede di Pietro ha la stessa valenza innovativa che ebbe nel 1978 la scelta di un Papa non italiano, un gesto di apertura e di coraggio che inaugura una nuova epoca nella storia della Chiesa.

 

Il nome che ha scelto è Francesco, il grande riformatore della radicalità del Vangelo, icona di una Chiesa povera al servizio dei poveri. Una Chiesa amica di tutti, ma soprattutto degli ultimi, che per amore del Vangelo è disposta a spogliarsi dell’abito ricco e indossare il saio di penitenza.

Ma questo nome rievoca anche l’opera di evangelizzazione di Francesco Saverio, il missionario gesuita spagnolo vissuto nella seconda metà del Cinquecento e proclamato santo nel 1622, che fu contemporaneo di Ignazio di Loyola e tra i primi a seguire le orme del fondatore della Compagnia di Gesù, l’ordine da cui Bergoglio proviene.

Un nome quindi che esprime l’intenzione di vincolare il suo pontificato alla missione originaria della Chiesa apostolica, quella dell’evangelizzazione e del servizio ai poveri della terra.

«E adesso incominciamo questo cammino, Vescovo e popolo, questo cammino della Chiesa di Roma, che è quella che presiede nella carità a tutte le chiese».

In queste sue prime parole, Bergoglio ha espresso un fondamentale richiamo alla collegialità, alla necessaria partecipazione dell’intera comunità cristiana. Non si è definito Papa o Vicario di Cristo, ma vescovo, cioè pastore, e ha conferito al popolo il nuovo mandato di accompagnarlo nella fede e confermarlo nel suo ministero.

Alla Chiesa di Roma Papa Francesco restituisce la sua originaria vocazione e la convoca a suo fianco nella sua missione per l’intera Chiesa cattolica. E’ un coinvolgimento in presa diretta del popolo di Dio, chiamato a partecipare a «questo cammino di fratellan¬za, di fiducia, di amore, di reciproco sostegno nella preghiera» in uno spirito collegiale che richiama il Concilio Vaticano II.

Questo Papa venuto dal Nuovo mondo, famoso per l'austerità e la reticenza a concedere interviste, proprio nei giorni che hanno preceduto il Conclave aveva sottolineato del suo predecessore «il coraggio di spazzare la sporcizia dentro la Chiesa».

Ora queste parole assumono la valenza di un progetto e rappresentano un vincolo per il pontificato. Segnano un punto di non ritorno che evidentemente la Chiesa preparava da tempo, se è vero che nel Conclave del 2005 il nome di Jorge Mario Bergoglio aveva fino all’ultimo rappresentato un’alternativa a quello di Joseph Ratzinger.

Come aveva anticipato ieri sera dal Balcone della Loggia di San Pietro, stamane di buon’ora si è recato a Santa Maria Maggiore, una delle principali basiliche della capitale, e ha chiesto ai fedeli «siate misericordiosi, le anime hanno bisogno della vostra misericordia». Evidente messaggio di penitenza e insieme di riconciliazione fra l’istituzione e il suo popolo.

La caratteristica fondamentale di Bergoglio vescovo è una grande attenzione ai poveri e agli emarginati insieme a una rigorosa ortodossia dottrinale. Critico con il potere ma alieno da posizioni ideologiche che riducono il cristianesimo a lotta di classe. Profilo che ha mostrato fin dagli anni Settanta, quando è stato eletto provinciale della Compagnia di Gesù, un incarico che ha esercitato per sei anni, a partire dal 1973.

Un periodo che ha coinciso con gli anni sanguinosi della dittatura militare argentina, durante i quali circa 30.000 persone furono rapite e uccise. Nel 1979 padre Bergoglio partecipò al vertice del Consiglio episcopale latinoamericano a Puebla e fu fra coloro che si opposero decisamente alla teologia della liberazione, sostenendo la necessità che il continente latinoamericano non disperda la propria tradizione culturale e religiosa.

Da allora, questa sua posizione ha scatenato l’accusa di connivenza con il regime dei generali, anche se non ci sono mai state prove né indizi della sua vicinanza alla dittatura.

Da lì sono partiti i sospetti sul suo ruolo in un periodo così turbolento nella storia dell’Argentina, sospetti rilanciati poi dal libro «L’isola del silenzio. Il ruolo della Chiesa nella dittatura argentina», scritto dal giornalista argentino Horacio Verbitsky, nel quale si avanza l’ipotesi che Bergoglio fosse in qualche misura coinvolto nel rapimento di due gesuiti, Orlando Yorio e Francisco Jalics, due suoi confratelli segretamente messi in carcere dal governo militare per il loro impegno nei quartieri poveri.

A queste accuse il cardinale ha sempre risposto smentendo tutto e sostenendo di aver avvicinato i generali al potere solo per intercedere e chiedere la liberazione dei religiosi arrestati.

Da arcivescovo di Buenos Aires Bergoglio ha sempre denunciato, negli anni scorsi, il rischio per la Chiesa di essere autoreferenziale. Ora il nome che ha scelto per il suo pontificato e lo stile umile del suo modo di presentarsi ai fedeli, alla Chiesa e al mondo, lasciano presagire la sua volontà di piena trasparenza.

Da qui, dalla svolta epocale di questo Conclave e dalle scelte dei prossimi giorni, a partire da quella del nuovo segretario di Stato, sarà possibile capire come questa istituzione con duemila anni di storia alle spalle saprà nuovamente rinnovarsi e stupire.

Nei giorni che hanno preceduto questa elezione, il mondo intero si è domandato se la Chiesa cattolica, nonostante tutte le sue mancanze e contraddizioni, fosse ancora in grado di esprimere un Papa pastore, che parli al cuore dell’uomo annunciando in modo positivo il messaggio evangelico e che accolga le sfide imposte dalla globalizzazione, dalla necessità di un rinnovamento ecclesiale e dalle nuove frontiere dell’evangelizzazione.

La «scelta innovativa e rivoluzionaria» uscita ieri dalla Cappella Sistina sembra andare proprio in questa direzione.

 

Luciano Trincia - Linkiesta

 

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