Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Sud: lo sguardo oltre la crisi

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‘Uno sguardo oltre la crisi. Condizioni e sfide per rilanciare lo sviluppo’. Questo è il titolo del seminario promosso dalla Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno), nell’ambito delle ‘Giornate dell’economia del Mezzogiorno’ organizzate dalla Fondazione Curella.

La manifestazione si è svolta il 3 dicembre a Palermo, presso l’aula magna del Rettorato, a tre mesi di distanza dalla presentazione del Rapporto Svimez 2012, che ha dato conto della situazione economica e sociale nelle regioni del Mezzogiorno.

“Dopo anni di debolezza delle politiche generali nazionali e di insufficienza delle politiche speciali per il Sud, nell’incontro si cercheranno di definire le condizioni e le sfide per il rilancio di uno sviluppo nazionale che faccia leva sull’alto potenziale delle regioni meridionali.

Una nuova europeizzazione che punti sull’opzione mediterranea, condizioni essenziali di competitività da realizzare con investimenti in infrastrutture, logistica ed energia, una strategia di rilancio industriale, la grande sfida della riqualificazione ambientale e urbana, sono alcune delle direttrici strategiche su cui l’Italia potrà riprendere il cammino di sviluppo, a partire dal Sud e dalla Sicilia”.

 

Ma qual è la situazione? Secondo il Rapporto nel 2011 il Pil è aumentato nel Mezzogiorno dello 0,1%, distante dal +0,6% del Centro-Nord. Negli ultimi dieci anni, dal 2001 al 2011, il Mezzogiorno è rimasto inchiodato allo 0%, rispetto al + 0,4% del Centro-Nord. A livello regionale, l’area che nel 2011 ha trainato il Paese è stata il Nord-Est (+1%), seguita dal Nord-Ovest (+0,6%).

Il Centro è stato fermo come il Sud a +0,1%. Secondo il Rapporto la forbice oscilla tra il boom della Basilicata (+2%) e la flessione del Molise (-1,1%), colpito dalla crisi del tessile e dell’abbigliamento. L’agricoltura è il settore agricolo meridionale che continua a segnalare gravi e strutturali debolezze. Il dato preoccupante riguarda anche l’industria, che al Sud continua a soffrire.

A livello nazionale il valore aggiunto nel 2011 è stato un tiepido 1,2% (+2,1% al Sud, +1,1% al Centro-Nord), in decisa riduzione rispetto all’anno precedente, soprattutto al Centro-Nord, che lascia sul terreno sei punti percentuali (+6,6% dato nazionale, +7,2% al Centro-Nord, +3,4% al Sud)’.

E l’occupazione? Nel Rapporto si legge un dato drammatico: "La zona grigia del mercato del lavoro continua ad ampliarsi per effetto in particolare dei disoccupati impliciti, di coloro cioè che non hanno effettuato azioni di ricerca nei sei mesi precedenti l’indagine. Considerando questa componente, il tasso di disoccupazione effettivo nel Centro-Nord sfiorerebbe la soglia del 10% (ufficiale: 6,3) e al Sud raddoppierebbe, passando nel 2011 dal 13,6% al 25,6% (era stimato al 23,9% nel 2009)".

Questi alcuni dati contenuti nel Rapporto 2012 della Svimez sull’economia del Mezzogiorno. Abbiamo contattato il docente Paolo Malanima, direttore dell’Istituto di Studi sulle Società del Mediterraneo (ISSM) e professore presso l’Università Magna Graecia di Catanzaro, per comprendere meglio i numeri della Svimez: 

“Da parte dell’Europa c’è sempre stata, in questi ultimi decenni, una sempre maggiore attenzione alle economie del Sud, a quelle del Mediterraneo e alle possibilità di un’integrazione con queste economie. In un momento di crisi come quella attuale, che ha coinvolto soprattutto le economie del Nord, un aumento degli investimenti, della domanda potrebbe anche essere perseguito per il rilancio di queste economie del Nord, attraverso un rapporto più stretto con le economie del Mediterraneo.

Cosa è mancato in questi anni?

Da parte dei Paesi dell’Europa del Nord si è detto che un’economia più integrata potrebbe favorire tutte le economie. Però ci sono delle condizioni di partenza delle economie del Sud e, in misura minore, anche quelle dell’Est che erano assai inferiori rispetto a quelle dei Paesi del Nord. Per quelle del Sud era possibile certo un progresso, un avanzamento, un maggiore tasso di sviluppo ma le possibilità di un’integrazione vera e propria mancano quando i livelli di sviluppo sono più bassi.

Quanto pesa la corruzione?

Parecchio. Il problema della corruzione costituisce un ostacolo allo sviluppo.

Perché non si riesce a risolvere questo problema?

Non si capisce bene se si tratta di un elemento che determina il livello dell’attività economica o se è determinato dal livello dell’attività economica. Si deve anche dire che i Paesi che si modernizzano tendono a limitare la sfera della corruzione. E’ possibile che una modernizzazione economica riduca l’incidenza della corruzione. Ma è difficile dire se la corruzione sia la causa o l’effetto del livello dell’attività economica.

Giovani e mezzogiorno: lei cosa aggiunge sulla questione generazionale?

Il nostro Paese si trova diviso: una parte è strettamente legata all’Europa e l’altra parte si trova abbastanza lontana. Il nostro Sud è abbastanza lontano e presenta grossi problemi, come quello della disoccupazione giovanile che è il più grave dei problemi e che avvicina il nostro mezzogiorno alle aree meno sviluppate. Il mezzogiorno d’Italia però fa sempre parte di un Paese moderno, di un’economia avanzata.

Che responsabilità ha la politica?

La politica in certi momenti ha contribuito alla modernizzazione del mezzogiorno, ma negli ultimi anni non ci sono stati investimenti. Possiamo definirla come insensibilità della politica ai problemi del Sud Italia.

 

Paolo De Chiara

 

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