Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Mistero Napoletano: Pignasecca, il furto di un anello sacro

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Benedetto Croce, che Napoli la conosceva benissimo, pare che un giorno esclamasse e poi lo scrisse: “… i misteri di Napoli sono nascosti e cementificati nelle mura dei palazzi. Ah! Se queste mura potessero parlare.”

In realtà, ma Croce pure lo sapeva benissimo, si incontrano misteri anche nelle piazze, alla base degli alberi, nei vicoli, nelle grotte …

Un esempio: lo spazio intorno a Porta Medina. Come noto, è conosciuta anche come via della Pignasecca, per il fatto che percorrendola si giunge a piazzetta della Pignasecca.

In questa zona si narra di presenze particolari: i fantasmi della Pignasecca. Non ci si imbatterebbe in lenzuoli bianchi, se si volesse percorrerla di notte, tanto meno di giorno.

 

Protagoniste del mistero sono le gazze, in Campania conosciute come piche. Lo diciamo ai pochi che non lo sappiano: sono le gazze ladre che di furti, nei vicoli napoletani, ne hanno commessi a bizzeffe (non che ci fosse bisogno di loro … ovvio, come accade dappertutto).

È storia la modalità insolita con cui si concludeva il loro passatempo.

Attratte dagli oggetti brillanti, si intrufolavano nelle stanze dei vari appartamenti, afferravano con il becco ciò che più colpiva e con qualche battito d’ali sparivano.

Prendevano sempre la direzione di un pino dell’orto dei Pignatelli. Gli oggetti preziosi agevolmente rubati nelle case circostanti, erano quelle in cui si consumavano amori clandestini, venivano deposti sul pino.

Della misteriosa scomparsa di gioielli non era certa la colpa. In una situazione del genere prima o poi doveva accadere qualcosa di strano. Accadde. Sul pino fu ritrovato il sacro anello della Curia.

 

Maliziosamente si diffuse la voce che le gazze avessero rubato l’anello a un importante uomo di Chiesa, che si stava dando da fare con una compagnia femminile.

Si insinuò che si trattasse dell’’arcivescovo. Questi reagì con veemenza e scomunicò le piche, o le gazze che dir si voglia.

Il provvedimento fu affisso al pino e, guarda caso, l’albero seccò in tronco. Da questa faccenda nasce anche il nome “Pignasecca“. Le gazze, che non guardano in faccia a nessuno, anche se condannate in eterno, non hanno smesso di prelevare gioielli.

 

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