L’antievangelica alleanza borbonica tra Trono e Altare

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Il clero secolare e regolare del Mezzogiorno continentale, al momento dell'unificazione, era numeroso, influente ed economicamente potente.

Si consideri che il 40% dei possedimenti terrieri apparteneva proprio al clero nelle sue varie articolazioni. Era tradizionalmente legato all'assolutismo borbonico, in base all'alleanza tra Trono e Altare, che costituiva l'antievangelico asse portante del legittimismo assolutistico.

Era il re a nominare vescovi e cardinali, cosa inimmaginabile per donne e uomini del nostro tempo. I vescovi prestavano il giuramento di fedeltà alla dinastia borbonica.

In base al Concordato del 1818, a fronte di tanti vantaggi  “il pontefice concedeva al re e ai discendenti di lui il diritto di nominare gli arcivescovi e i vescovi del Napoletano e della Sicilia”

Secondo lo storico Franco Molfese, già nel 1848, anno delle rivoluzioni in Europa, vi erano nel Mezzogiorno continentale trentanove ordini monastici maschili che contavano più di 12.000 membri e possedevano 848 case, " con un patrimonio di 40 milioni di lire dell'epoca".

Tredici, invece, erano gli ordini monastici femminili con 5000 componenti che possedevano 250 case. Inoltre, scrive Molfese, l'episcopato meridionale annoverava nel 1848 "venti arcivescovi e settantasette vescovi, in possesso di un patrimonio valutato qualcosa più di 39 milioni di lire del tempo".

D’altronde in virtù del citato  concordato del 1818, si era suggellata un’ alleanza legittimistico - reazionaria, con cui, oltre a vietare assolutamente che vi potesse essere altro credo religioso oltre a quello cattolico, la posizione privilegiata del clero era tale che esistevano ordini religiosi che avevano il compito di segnalare alle autorità di polizia rapporti che contenessero un elenco dei cittadini devoti all’alleanza tra Trono e Altare. In questo compito si distinguevano i Liguorini.

E’  noto altresì come tanti legittimisti stranieri, sostenitori dell’alleanza Trono- Altare siano stati inviati dalle potenze europee reazionarie, su richiesta dei Borbone.

Infatti i dispotici sovrani si rivolgevano all’Europa conservatrice,  che inviò in difesa del Trono e dell’Altare il belga De Tragègnies, l’austriaco Zimmermann, il tedesco Kalckreuth , il francese De Christien , gli spagnoli Borjés e Tristany. Basta leggere le lettere di Pietro Ulloa, presidente del ministero formato a Roma da Francesco II per averne ulteriore conferma.  Pietro Calà Ulloa chiedeva esplicitamente l’intervento delle potenze conservatrici europee “amiche”.

Si sperava, come nel 1799 e nel 1815, che eserciti “amici “ riportassero i Borbone sul Trono e pertanto i comitati a pro borbone  erano attivissimi in particolare in Terra di Lavoro, Abruzzi e Molise. Di tali comitati  organizzati nello Stato Pontificio  attingiamo ad una fonte non certamente di parte.  Franco Molfese scrive testualmente:

“Fin dagli ultimi giorni dell’agosto 1860, il colonnello pontificio conte Chevigny era stato inviato ad Ascoli Piceno dal generale Lamorcière, per prendere contatto col delegato apostolico monsignor Santucci, allo scopo di armare bande di montanari per la guerriglia, che era stata già sperimentata con successo contro la Repubblica Romana nel 1849.

Lo Chèvigny, grazie a lettere commendatizie del Santucci, destinate ai parroci dei comuni dell’alta valle del Tronto, riuscì ad organizzare un battaglione di volontari pontifici, composto di sei compagnie, il cui comando venne affidato a Giovanni Piccioni, energico e sperimentato capobanda del 1849.”

D’altronde tale era l’incipit del giuramento che i comitati borbonici sottoponevano alle bande di briganti, come riportato da Marco Monnier che fu il primo a fornirci nel 1862 un testo documentato sul brigantaggio postunitario:

“Noi giuriamo dinnanzi a Dio e dinanzi al mondo intero di essere fedeli al nostro augustissimo e religiosissimo sovrano” .Il giuramento continua nell’opporre l’alleanza Trono - Altare contro “ gli increduli e perversi liberali”.

Coloro che metteranno fine a tale assurda alleanza tra Trono- Altare non saranno degli estremisti atei, ma esponenti della cultura cattolica liberale, cattolici e liberali appartenenti alla Destra Storica, memori delle ultime parole di Cavour al frate che lo stava confessando prima di morire : “Frate, libera Chiesa in libero Stato”.

 

 

Bibliografia:

Franco Molfese- Storia del brigantaggio dopo l’Unità- prima edizione 1966

Pietro Colletta- Storia del Reame di Napoli dal 1734 al 1825-

Marco Monnier- Brigantaggio- Storia e Storie- prima edizione italiana 1862

 

 

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