Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Protagonisti del Risorgimento italiano: Giovanni Corrao

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Nato a Palermo il 17 novembre del 1822 nell’allora sobborgo marinaro del Borgo (ora Borgo Vecchio), Giovanni Corrao è da considerare come una delle più importanti figure del Risorgimento italiano.

Dopo essere sopravvissuto a due rivoluzioni, morì assassinato in circostanze misteriose a Palermo nel 1863, circostanze talmente misteriose da indurre qualche storico a parlare di primo “omicidio di stato” in Italia.

Come si ricorderà, il 1848 fu anno di rivoluzioni in tutta Europa. Proprio Palermo ebbe l’onore di aprire le danze il 12 gennaio, e Giovanni Corrao, operaio del porto, si distinse già allora nei combattimenti, svolgendo un ruolo molto attivo nella presa del Castello a Mare di Palermo, roccaforte portuale dei borbonici.

Scacciati da Palermo i soldati borbonici ed insediatosi il governo provvisorio, Corrao si trasferì, a febbraio, a Messina per continuare la rivoluzione. Qui lottò per diversi mesi, conquistandosi sul campo il grado di capitano di artiglieria.

Si battè sino alla fine, sino a quando, cioè, nel maggio del ’49, dopo un violentissimo bombardamento della marina borbonica, Messina si arrense. Poco dopo, tutta la Sicilia fu riconquistata dai realisti.

Corrao fu imprigionato in diverse patrie galere, finché nel 1855 ottienne la libertà a patto che andasse esule fuori dal Regno delle Due Sicilie

Gli anni di dura prigionia non fiaccarono la sua ideologia antiborbonica e repubblicana; anzi Corrao affinò il proprio pensiero, collocandosi politicamente ancora più a sinistra di Mazzini. Si legò così a molti patrioti esuli democratici e mazziniani ed in particolare a due altri rivoluzionari esuli siciliani: Rosolino Pilo e Francesco Crispi.

Nel marzo del 1859, alla vigilia della Seconda guerra d’Indipendenza, progettò un attentato all’imperatore francese Napoleone III, ritenuto da Corrao un grande ostacolo all’idea di unificazione italiana. Per ragioni imprecisate l’attentato non fu attuato.

Ma furono questi i  mesi di preparazione dell’impresa dei Mille, anzi, proprio Corrao, Pilo e Crispi incontrarono Garibaldi a Genova e pianificarono  con il generale lo sbarco e l’insurrezione siciliana.

Si divisero i compiti: l’avvocato Crispi sarebbe rimasto nel nord Italia ad organizzare, raccogliere fondi, preparare il terreno politico; Corrao e Pilo sarebbero sbarcati in Sicilia un mese prima di Garibaldi per radunare e organizzare i rivoluzionari locali (i “picciotti”); il generale, invece, sarebbe sbarcato in una località sicura della Sicilia con un manipolo di patrioti armati, provenendo dal nord.

I progetti dei quattro funzionavano e come le cose si svolsero è noto: a maggio del 1860 Garibaldi sbarcò a Marsala (dopo avere in un primo momento pensato l’approdo a Sciacca) con 1089 volontari armati.

Dopo una prima battaglia a Calatafimi, il 27 maggio i Mille a Palermo si scontrarono con le truppe borboniche che opponsero una durissima resistenza. Garibaldi attaccò con le sue camicie rosse e con contingenti di picciotti al Ponte dell’Ammiraglio, i borbonici arretrarono, barricandosi dentro Porta di Termini.

In questa circostanza venne colpito mortalmente il colonnello garibaldino volontario ungherese Lajos Tukory. La rivoluzione vinsee, nonostante i borbonici avessero tentato, come già avevano fatto nel 1848 a Messina, il bombardamento navale della città, causando anche circa  600 vittime civili.

Nel mentre, Rosolino Pilo e Giovanni Corrao, con i loro picciotti, seguendo il piano tattico di Garibaldi, avevano creato un altro fronte di scontri, provenendo da sud, cioè dalle campagne interne. In un scontro a San Martino delle Scale, nei pressi di Monreale, Pilo trovò la morte.

Corrao lo troviamo poco tempo dopo impegnato nella battaglia di Milazzo, ove guidò un reggimento di 400 picciotti e seguì Garibaldi in continente sino allo scontro finale del Volturno, dove venne ferito seriamente. Dalla ferita da arma da fuoco si rimise, ma non guarì  mai da un'altra ferita: l’incontro di Teano, in cui Garibaldi consegnò, previo plebiscito a suffragio universale maschile, l’ex Regno delle Due Sicilie a Vittorio Emanuele II, suggellando così l’unità italiana sotto l’egida della monarchia sabauda.

Tornato a Palermo, Corrao rifiutò l’intruppamento nel regio esercito col grado di colonnello e anzi continuò il suo impegno repubblicano.

Si pose a capo delle proteste sociali e parlò di rivoluzione tradita, di una più giusta politica agraria, esprimendosi contro la coscrizione obbligatoria introdotta dal nuovo stato italiano.

Lo stesso suo amico Crispi, divenuto deputato e legalista, lo implorò alla moderazione. Rimase, tuttavia, immutato il suo affetto e la sua lealtà a Garibaldi. E così, quando nel 1862, Garibaldi tornò a Palermo per tentare da sud la presa di Roma e concludere l’unificazione, Corrao si unì entusiasticamente al generale con il suo manipolo di picciotti.

Garibaldi fu accolto in trionfo dal popolo palermitano, con ambiguo calore dalle personalità politiche, con timore e diffidenza dalle autorità militari.

Com’è noto, i garibaldini furono fermati dai bersaglieri sull’Aspromonte. Un tenente addirittura sparò a Garibaldi, ferendolo ad una gamba, che ordinò invece alle sue camicie rosse di non rispondere al fuoco. A quanto pare, furono proprio i fucilieri di Corrao a rispondere in un primo momento al fuoco dei soldati regi.

Preso in custodia Garibaldi dai bersaglieri, Corrao riuscì a ricondurre il suo contingente in Sicilia. Qui mantenne in preallarme i suoi uomini, pronti all’azione qualora il generale fosse stato processato. Fortunatamente l’amnistia per i fatti dell’Aspromonte allentò la tensione.

E’ evidente che oramai Corrao rappresentava un scomodissimo personaggio per la politica del nuovo regno. Non poteva essere arrestato e processato per evidenti motivi di ordine pubblico, anche se, in verità, fu trattenuto per qualche giorno a fine aprile ’63.

Pochi giorni dopo il rilascio fallì un primo attentato nei suoi confronti. Ma il 3 maggio fu assassinato, appena fuori la città, da una scarica di pallettoni esplosa da ignoto omicida.

L’indignazione e il dolore della cittadinanza, almeno nei suoi strati popolari, furono fortissimi.

Nell’istruttoria si parlò della testimonianza di una vicina di casa che aveva visto aggirare più volte nei paraggi due carabinieri; gli stessi carabinieri erano stati visti dalla popolana travestiti da cacciatori. La testimonianza fu poi ritrattata.

L’istruttoria ed il processo furono celebrati frettolosamente e non si addivenne ad alcun verdetto contro qualcuno. Gli atti scomparvero dagli uffici del tribunale qualche tempo dopo.

Incominciò, intanto, una operazione di damnatio memoriae di Corrao: si disse che era legato alla mafia, alla massoneria, che era un facinoroso in cerca di arricchimento personale, che addirittura era stato lui ad uccidere Pilo, e via dicendo. Così per parecchi anni gli fu pure negata la sepoltura nel Pantheon dei palermitani, la chiesa di San Domenico, accanto al monumento del suo grande amico Rosolino Pilo.

Solo nel 1960, con un solenne funerale di Stato, la salma del generale Corrao fu traslata nel chiostro della chiesa di San Domenico, risarcendolo così di un tardivo e mancato tributo delle istituzioni unitarie, a cui lui aveva dato la vita.

E’ utile riportare il contenuto di una lettera del deputato e ministro Giuseppe La Farina al suo referente Cavour. In questa lettera l’esponente politico affermava di avere anch’egli

«a disposizione, in caso di bisogno, forze popolari [da contrapporre ai garibaldini] capaci di darsi da fare, anche in eccessi tali da disonorare il governo e il Re».

E’ lecito chiedersi quanti altri politici, in altri tempi, abbiano avuto a disposizione queste forze eversive e malavitose. Assieme alla vicenda dei “pugnalatori di Palermo”, per l’omicidio di Corrao gli storici contemporanei hanno usato una espressione dei nostri tempi: strategia della tensione.

Concludiamo ricordando l’epitaffio scolpito nella sua lapide ad opera di Giuseppe Garibaldi:

«Giovanni Corrao: è tal nome che onora la Sicilia e l’Italia. Egli fu onesto quanto valoroso».

 

 

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