Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Enrichetta Caracciolo, monaca per forza, patriota per amore

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Fra le donne che possiamo annoverare tra le protagoniste del glorioso Risorgimento Italiano vi è Enrichetta Caracciolo (Napoli 1821- Napoli 1901), monaca “per forza” dopo la morte del padre. Fu la madre a relegarla nel 1841 a questa sorte, la stessa che toccò a tante donne le quali in quegli anni di oscurantismo, pur di famiglie nobili, furono costrette ad entrare in convento.

Quando entrò nel convento di San Gregorio Armeno, Enrichetta, poco più che ventenne, aveva conosciuto l’amore ed era uno spirito libero, insofferente a quella condizione imposta.

Nel convento ebbe l’occasione di leggere, scrivere e in breve tempo le furono affibbiati gli epiteti di “rivoluzionaria “ ed “ eretica”, perché osava scrivere di Costituzione e di libertà.

In convento la Caracciolo faceva la sagrestana ed aveva imparato presto a respingere le proposte oltraggiose di preti, allo stesso modo che era solita leggere a voce alta la stampa liberale.

Durante i moti rivoluzionari del 1848 innalzava taciti voti all’Onnipossente per la caduta della tirannide e pel trionfo della nazione, ma allo scatenarsi della repressione borbonica, temendo ripercussioni per sé e la sua famiglia, preferì dare fuoco alle sue memorie.

Ma solo per possedere  gli scritti di Cantù, Tommaseo  e Manzoni, venne perseguitata dal potere borbonico ed allontanata da Napoli.

Tuttavia, dopo varie sofferenze e persecuzioni, quando Garibaldi sbarcò in Sicilia coi Mille, Enrichetta tornò clandestinamente e fu nel Duomo di Napoli ad accogliere l’Eroe dei due Mondi  il giorno del suo ingresso.

Pochi mesi dopo  si “svestì dell’abito monacale” e  sposò il patriota napoletano di origine tedesca Giovanni Greuther  col rito evangelico, poichè era stata scomunicata.

Dalla storia della sua vita consumata tra il monastero e le persecuzioni subite dal regime borbonico ne nacque un libro, ”I misteri del chiostro napoletano”, un’ autobiografia, pubblicata nel 1864, che riscosse tanto successo da essere tradotta in sei lingue con otto ristampe.

La Caracciolo si guadagnò gli apprezzamenti di Alessandro Manzoni e Luigi Settembrini che sul giornale “L’ Italia” scrisse:

"C’è un libro uscito testé, opera di donna che ha preso quasi le proporzioni di un avvenimento politico. Non è esprimibile la profonda impressione che ha fatta in tutta Italia . Ed il successo del libro non si dee già a quel piacere di scandali, del nuovo e del curioso che è nella parte frivola della società, ma un sentimento più profondo, che rende quel libro interessantissimo agli uomini che prendono sul serio la vita.”

Luigi Settembrini rimarcava il coraggio di una donna che aveva lottato per la libertà  in senso universale e non solo in riferimento alla scelta di prendere il velo monacale in una società in cui si condannavano tantissime donne ad un’infelice condizione per volere altrui e non per libera e sincera vocazione religiosa.

Enrichetta era una vera patriota che provava lo stesso sentimento di repulsione verso coloro che chiamavano la Costituzione “ prostituzione” e che si accanivano a perseguitare i sogni di libertà dei napoletani.

Quando Ferdinando II ripristinò il suo potere reazionario e mandò le truppe svizzere ad occupare il Parlamento napoletano, in quel 15 maggio 1848 uno svizzero colpì la fronte della Caracciolo procurandole una lunga cicatrice che le solcò il volto. Per Enrichetta quella ferita per il dolore subito fu pari a quella infertole quando  le fu imposto il velo da monaca.

La Caracciolo denunciò la triste condizione femminile delle monache nel chiostro di San Gregorio Armeno, soffermandosi in capitoli sulla  condizione imposta “dall’egoismo di snaturati genitori e di fratelli destinate sin dalle fasce a seppellire mente e cuore e bellezza nella solitudine”, come anche sulla tenace, ma inutile resistenza mostrata nei confronti degli inganni ed artefizi retorici dei “reverendi”, con conseguente darsi delle monache ai preferiti confessori tra passioni ingannevoli e gelosie.

Dalla descrizione delle scene e dei costumi del chiostro di San Gregorio emergono scene realistiche di umiliazione subita tra rabbia e rassegnazione,  ed il coraggio di chi sa che ne avrebbe pagato un prezzo.

Tuttavia l’intento primario della Caracciolo fu annunciare la speranza dell’emancipazione della condizione femminile in senso lato, come si evince dai capitoli XVIII e XXV de “I Misteri del chiostro napoletano” che recano rispettivamente i titoli “1848” e “ La libertà”.

In riferimento agli avvenimenti del 1848 , Enrichetta scrive: “Al clamoroso risvegliarsi dei popoli, al tremendo ruggito delle rivoluzioni, allo strepito delle barricate, al crollo dei troni, che tanto contrastava col sepolcrale silenzio del mio carcere, io provava una soddisfazione, uno strano contento che mi rapiva”.

A tal riguardo emerge tutto l’impegno fattivo di una donna, di una patriota, di una cittadina che intende battersi per la libertà e la Costituzione.

 

 

Riferimenti Bibliografici

AA.VV. Donne del Risorgimento- Il Mulino, 2011

E. Caracciolo, I misteri del chiostro, Barbera, 1864

 

 

 

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