Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Il «Pulvis eris» della Curia Romana

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Che la Curia Romana non sia un monolite è noto da tempo. Tenebre, luci, ombre e dissolvenze traspaiono ormai da mesi dalle mura che racchiudono il «piccolo mondo antico» del colle Vaticano.

In molti, in questi giorni, si sono domandati se dietro la scelta umile di un uomo infermo ci fosse l'ombra degli scandali: le convulsioni dello Ior, il «corvo», le carte trafugate e i documenti del cosiddetto «Vatileaks».

Si è parlato di un rapporto segreto che i tre cardinali Julian Herranz, Jozef Tomko e Salvatore De Giorgi, membri della commissione d’inchiesta sul «Vatileaks», avrebbero consegnato a Benedetto XVI il 18 dicembre 2012, durante un’udienza appena menzionata dalla sala stampa vaticana.

Sotto la lente d'ingrandimento dei tre cardinali incaricati da Joseph Ratzinger di far luce sulla fuga di notizie riservate, per la quale è stato incriminato e condannato solo il maggiordomo papale, Paolo Gabriele, non ci sarebbe soltanto il trafugamento delle carte dalla segreteria papale, ma anche lo stato dei rapporti interni alla Curia Romana, la questione delle tensioni esistenti, il ruolo dei personaggi citati nei documenti pubblicati.

A questi scenari si affiancano ora le parole forti, chiare, inequivocabili di Benedetto XVI, pronunciate il 13 febbraio, nel giorno d’inizio della Quaresima, volte a denunciare le “colpe contro l'unità della Chiesa e le divisioni nel corpo ecclesiale”.

La “stanchezza” di un uomo anziano, che non si sente più all’altezza del proprio compito, si trova così strettamente connessa con l'arcano del potere, che nemmeno lo sforzo pastorale di “un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore” è riuscito a incrinare.

Lo squarcio sulla realtà interna vaticana, che le parole di Benedetto XVI hanno aperto il 13 febbraio, mostra ora in modo evidente la realtà di una Curia praticamente ingovernabile e preda di tensioni e scandali intrecciati.

 

La plenitudo potestatis del suo pontificato ne è stata coinvolta a tal punto da indurlo a compiere il grande passo.

Le Ceneri sul capo, la Quaresima come cammino interno di purificazione, la solitudine della Passione, l’attesa della Resurrezione: il «Papa teologo» addita tempi e modi della piena conversione della Chiesa a lui affidata il 19 aprile 2005.

Il simbolismo è troppo forte e evidente per pensare che sia casuale. Così come la scelta dei tempi, da quell’annuncio formulato in latino l’11 febbraio alla data scelta per il termine del pontificato e per il conseguente Conclave: tutto pianificato in tempo utile per avere un nuovo Pontefice per la celebrazione pasquale del 31 marzo, la «festa primordiale», la liturgia che sveste i paramenti viola della penitenza e dilata, nel tempo e nello spazio, il mistero della salvezza.

Ratzinger ha dimostrato che non è vero che un Papa «dimessosi» è incapace di indicare un cammino interno di vera conversione, o, per dirla in termini laici, di «fare pulizia» in modo radicale nei Sacri Palazzi.

Nei giorni di interregno che lo separano dal 28 febbraio è intenzionato a ridisegnare i confini e l'identità del governo della Chiesa universale, invitando i propri porporati a superare "individualismi e rivalità".

E’ evidente che intende anche monitorare il ruolo che l'attuale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, e il predecessore Angelo Sodano avranno in vista del Conclave, per decifrare le mosse di schieramenti ritenuti avversari e prevenire fratture sotterranee.

Il Quaresimale della Curia Romana è appena cominciato.

 

Luciano Trincia - Linkiesta

 

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